GIONALISCA
ideato e curato da bambini e collaboratori dell'associazione APS casa del sole
ELENCO Giornalini ANNO:
2024 NUMERO:
1 DATA:
02/05/2024 TITOLO:
la mia Pasqua a Isca sullo Jonio. CATEGORIA:
periodico AUTORE:
Sac.G. Romeo Bruno CSP La mia Pasqua a Isca sullo Jonio
“Questa sera ho rivissuto in profondità i sentimenti provati anni addietro un venerdì santo a Sorrento durante la famosa ‘processione nera’, con il suo carico di fede, tradizione, inculturazione”. Con queste parole aprii la mia breve riflessione nella bella chiesa di san Nicola dopo la processione del “Cristo morto” per i vicoli, le piazzette, le stradine di Isca capoluogo, lungo le quali risuonava lento e solenne il canto degli uomini portatori, cui rispondeva, come in lontananza, il canto altrettanto mesto delle voci delle donne, un compianto ma che portava in sé la certa speranza di un “Alleluja” che sarebbe esploso potente la Notte della Veglia Pasquale all’annuncio che “il Cristo Signore è risorto”.
Ritornato nella mia città, all’esercizio ministeriale mio consueto, la mia mente è tornata spesso (e con un po’ di nostalgia) ai giorni trascorsi a Isca, faticosi, indubbiamente, per i molteplici impegni delle celebrazioni pasquali, ma che ho vissuto con amore e soprattutto edificato dalla manifestazione di fede autentica che la gente del posto, ricca di accoglienza e disponibilità, ha mostrato nelle diverse occasioni.
La Domenica delle Palme o della Passione del Signore, la processione che apriva la Settimana Santa vedeva, nella partecipazione di un popolo osannante, la presenza di dodici uomini, nelle vesti dei dodici apostoli, inneggianti al Messia con grossi rami di palma. Quegli uomini, quegli ‘apostoli’ li ritrovai attorno all’altare la sera del Giovedì Santo, alla Messa in Coena Domini, durante la quale mi inginocchiai a lavare loro i piedi, ripetendo il gesto del servizio nella carità attuato da Gesù. Quel gesto sta a ricordarci che se riconosciamo nell’Eucaristia il segno dell’amore di Cristo per noi, non possiamo accogliere con verità il suo dono se a nostra volta non impariamo da lui a fare dono di noi stessi gli uni gli altri, nella concretezza della carità che si fa servizio per il prossimo.
La celebrazione dell’ “Ultima Cena” si concluse con l’accompagnamento solenne delle specie eucaristiche all’altare della riposizione, squisitamente preparato con indubbie doti artistiche e insieme di corretta lettura liturgica.
L’austerità del Venerdì Santo, che si avvertiva nel clima di religioso silenzio dell’assemblea liturgica, ci preparava al racconto della Passione di Cristo, il quale racconto non è che l’ultimo tassello della storia d’amore che Dio cerca di stringere con il suo popolo, con ogni uomo.
Il “grande silenzio” conseguente al racconto della morte di Gesù, nell’intervallo della popolare processione del “Cristo morto” nelle ore ormai buie della sera, si protrasse per tutto il giorno seguente e lo si respirava nei gesti, nelle attività quotidiane comunque necessarie. E questo fino alla notte seguente, al momento della grande celebrazione della Veglia pasquale, “la madre di tutte le Veglie”.
“La luce del Cristo che risorge glorioso disperda le tenebre del cuore e dello spirito”: con queste parole, che sono di benedizione e insieme di augurio, attingendo al fuoco nuovo preparato sulla piazza antistante la chiesa di Isca Marina, accesi il cero pasquale nella liturgia iniziale della luce, circondato dai ministranti e dal popolo fedele. Nel buio e nel silenzio brillò dapprima una sola fiamma, poi molte fiammelle e infine i fari di luce. L’invito alla gioia si levò nel canto del Preconio: “Esulti il coro degli angeli, esulti l’assemblea celeste…gioisca la terra…e questo tempio tutto risuoni per le acclamazioni del popolo in festa”, invito al quale l’assemblea liturgica, sostenuta dal coro, rispondeva cantando: “Tu sei la luce, tu sei la vita. Gloria a Te, Signore!”. Questo canto, dopo l’ascolto delle letture che dispiegavano davanti ai nostri occhi la storia della salvezza, risuonò di gioia rinnovata nell’inno “Gloria Dio nell’alto dei cieli” che celebra la vittoria di Cristo sulle tenebre del mondo e della morte: Cristo Signore è Risorto! Alleluja, Alleluja!
Questa “Bella Notizia” (Vangelo) era il centro, la sostanza di quella suggestiva manifestazione, un insieme di processione, ritualità, gara e altro, cui ebbi modo di assistere per la prima volta: la Confrunta, dove il discepolo amato, Giovanni, porta per tre volte l’annuncio alla Vergine Madre che Cristo è risorto, fino al loro incontro, nel quale celebriamo insieme la nostra fede: Cristo è Risorto, alleluja! Veramente è risorto, Alleluja!
Ripensando a quanto ho vissuto in quei giorni con la comunità cristiana di Isca sullo Jonio e nella gratitudine a Dio per questa esperienza di fede vivente nella religiosità popolare e nel solco di una tradizione che non può (e non deve) morire, mi sono ricordato di quanto scriveva un grande Padre della Chiesa, sant’Ireneo di Lione: “La Chiesa…ricevette dagli apostoli…la fede nell’unico Dio, Padre onnipotente…nell’unico Gesù Cristo… (nella sua) passione e risurrezione dai morti… Credette nello Spirito Santo…e tale fede la Chiesa custodisce con estrema cura, la proclama. La insegna e la trasmette all’unisono, come possedesse una sola bocca. Benché infatti nel mondo diverse siano le lingue, unica e identica è la forza della tradizione…Nessuno sminuisce il contenuto della tradizione. Unica e identica è la fede.” (Trattato “Contro le eresie”, Libro 1, 10, passim).
Sac. G. Romeo Bruno CSP